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  • Dr. Federico Durello

Dolcificanti....fanno bene o male?


I dolcificanti: fanno bene o male?

Dagli ultimi studi voi amanti di dolci avete poco da rallegrarvi, solo il sentore di dolce porta ad un aumento della resistenza all'insulina e ci predispone all'ingrassamento... ma guardiamo nel dettaglio se esistono delle alternative allo zucchero e se i dolcificanti fanno bene o male alla nostra salute. Al di là dei numeri e delle indicazioni raccomandate da ricordare che l’Istituto nazionale di ricerca per gli alimenti e la nutrizione sconsiglia l’uso di tutti i dolcificanti, sia naturali sia artificiali, durante la gravidanza, l’allattamento e fino al terzo anno di età. Prima di iniziare a parlare dei dolcificanti vorrei ricordare di come la dicitura ‘non contiene zuccheri aggiunti’ può significare che nel prodotto non è presente il saccarosio ma altri tipi di dolcificante. Quindi è sempre il caso di controllare bene l’etichetta.


I dolcificanti possono essere divisi in due categorie principali:

• Dolcificanti artificiali • Dolcificanti naturali

Dolcificanti naturali

Fruttosio. È uno zucchero semplice (monosaccaride) che si trova nella frutta, nel miele e in alcuni ortaggi. Combinato con il glucosio forma il saccarosio, lo zucchero più diffuso in ambito alimentare. Ha un indice glicemico inferiore al glucosio per cui viene spesso suggerito a chi soffre di diabete. Attenzione però a non abusare di questo zucchero in quanto una dieta particolarmente ricca di fruttosio aumenta l’ insulinoresistenza; infatti, nonostante questo zucchero non aumenti direttamente la secrezione di insulina, lo fa in maniera indiretta, ostacolando il metabolismo epatico del glucosio e la sua trasformazione in glicogeno (la forma sotto cui il fegato deposita il glucosio); inoltre il fruttosio aumenta la lipogenesi ex-novo, e la sintesi di trigliceridi ed acidi grassi; in sostanza, quindi, il fruttosio pur essendo un carboidrato viene metabolizzato come un grasso e si associa ad un aumento della trigliceridemia.

Sorbitolo. Anche questo zucchero è un monosaccaride contenuto nelle sorbe, frutto in cui è presente in buona misura, ma è anche presente in altri frutti come mele, pere, pesche e susine, nelle bacche e nelle alghe rosse. Il suo potere dolcificante è pari al 60% dello zucchero. E’ molto usato nell’industria dolciaria come agente lievitante e idrostabilizzante, utile cioè in quei prodotti di pasticceria che devono mantenere un buon tenore di acqua. Non è cariogeno in quanto i batteri della carie non sono in grado di utilizzarlo nel loro metabolismo. Viene utilizzato in alimenti dietetici destinati a chi soffre di diabete. Il sorbitolo viene infatti assorbito in modo parziale ed incompleto dall’ intestino, e non stimola la secrezione di insulina; la prima caratteristica, unitamente alla capacità di richiamare acqua nell’ intestino, ne spiega anche il marcato effetto lassativo quando assunto ad alte dosi. In soggetti predisposti, il sorbitolo può quindi aggravare i sintomi della sindrome dell’intestino irritabile, con comparsa di gonfiori e crampi addominali.

Xilitolo. È un polialcol presente in alghe, frutta, cereali, funghi, ma in prevalenza è presente nelle foglie di betulla. Il suo potere dolcificante è simile a quello del saccarosio, ma possiede il 40% delle calorie in meno. Viene utilizzato nel settore alimentare per la produzione di gomme da masticare, caramelle e gelatine per la sensazione rinfrescante che conferisce a questi prodotti. E’ lo zucchero meno cariogeno in assoluto in quanto non viene fermentato dai batteri responsabili della formazione della carie. In grande quantità può dare come effetto collaterale diarrea osmotica. I policalcoli non vengono perciò usati nella produzione di bevande in quanto si ha il consumo di quantità elevate in intervalli di tempo ridotto.

Stevia. È una pianta arbustiva originaria del Sudamerica (Paraguay e Brasile). Questa pianta ha un potere dolcificante 15-20 volte superiore a quello del saccarosio rendendola il più potente dolcificante naturale. Lo stevioside è lo zucchero della stevia più studiato. Aldilà dell’elevato potere dolcificante, una caratteristica fondamentale della stevia è che i glicosidi in essa contenuti non vengono assorbiti e come tali non hanno alcun effetto significativo, sui livelli glicemici. A livello intestinale, tuttavia, i batteri del colon possono degradare lo stevioside a steviolo, che viene prontamente assorbito dalla parete enterica, inattivato dal fegato ed immediatamente espulso con le urine. Insieme alle numerose evidenze sulla totale innocuità della stevia, varie ricerche attribuiscono a questa pianta diversi effetti benefici. Infatti, oltre a vantare un potere calorico e cariogeno praticamente nullo, la stevia non solo non incide sui valori di glucosio nel sangue, ma sembra addirittura diminuirli (proprietà ipoglicemizzanti), migliorando la tolleranza al glucosio. Tale effetto sembra imputabile ad un’azione diretta dello stevioside e del rebaudioside A sulle cellule beta pancreatiche, dove in presenza di glucosio stimolerebbe la produzione di insulina. Il fatto che la stevia ed i suoi glicosidi stimolino la produzione di insulina soltanto quando la glicemia è anormalmente alta, è piuttosto vantaggioso, poiché scongiura il rischio di ipoglicemia in pazienti diabetici. Oltre a rappresentare un dolcificante particolarmente interessante in caso di diabete, la stevia è utile come edulcorante a zero calorie nei regimi alimentari volti a promuovere la perdita di peso.

Dolcificanti artificiali

Saccarina. È sicuramente il dolcificante sintetico più utilizzato. Non viene metabolizzato dall’ organismo per cui ja un valore calorico vicino allo zero. Il suo potere dolcificante è 300-500 volte superiore al comune zucchero, il saccarosio. La dose massima raccomandata è pari a 5 mg/kg di peso corporeo. L’organizzazione mondiale della sanità (OMS) ne vieta l’uso in gravidanza e nell’ infanzia.

Aspartame. L’aspartame presenta il grosso vantaggio di non alterare in maniera significativa la glicemia ed è per questo ben tollerato anche dalle persone diabetiche, che devono necessariamente ridurre il consumo dello zucchero tradizionale. Si tratta inoltre di una sostanza acariogena che, diversamente dal saccorosio, non provoca carie. La massima dose giornaliera consentita è pari a 50 mg/kg di peso corporeo. Non può essere usato in cibi cotti a una temperatura superiore ai 100 °C in quanto si docompone con il calore perdendo il suo potere dolcificante. In quanto fonte di fenilalanina non può essere utilizzato in soggetti che soffrono fenilchetonuria. Esistono pareri controversi sulla sua cancerogenicità. Sono presenti degli studi in letteratura che hanno evidenziato la comparsa di tumori a seguito dell’assunzione orale di dosi eccessive di aspartame. L’agenzia europea per la salute non ha ancora espresso un parere ufficiale a tal riguardo. Nei prodotti alimentari, l’aspartame è spesso indicato con la sigla E951.

Acesulfame di potassio. Ha un potere dolcificante 160-200 volte superiore a quello del saccarosio. Non viene metabilizzato dall’ organismo per cui anche in questo caso l’apporto calorico è molto basso. Nei prodotti alimentari contenenti acetosulfame di potassio viene indicata la sigla E950.

Ciclamato. Il suo potere edulcorante è pari a 30-80 volte quello del sacccarosio. Una volta assunto viene eliminato in 1-2 giorni dal nostro organismo. È una molecola stabile al calore e nel settore alimentare viene spesso utilizzato in combinazione ad altri dolcificanti. In anni passati sono stati sollevati dubbi sulla sua eventuale cancerogenicità. Questo dolcificante è permesso in Europa, ma non negli Stati Uniti.

...........Amaro resta sempre la miglior risposta!!



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